giovedì 18 dicembre 2014

Lei disse sì ... e io pensai ERA ORA!

Cinema Rosebud Reggio Emilia, una delle poche sale cinematografiche italiane rimaste PUBBLICHE, una delle pochissime sale reggiane degne di nota, dove non senti scartocciare sacchetti di patatine, dove uscendo non inciampi in cumuli di bottigliette di plastica vuote, dove cinepanettoni e altre pessime italianate sono banditi, a favore di film di qualità, a favore della promozione del pensiero, a favore della cara vecchia cultura e della messa in moto di processi cognitivi che vadano al di là del saper comparare volantini pubblicitari, per accaparrarsi il miglior smartphone al minor prezzo.

Mercoledì 17 dicembre 2014, Arcigay Gioconda in collaborazione col Comune di Reggio Emilia , promotore da anni di se stesso con lo slogan "città delle persone" (anche se in questi miei primi 34 anni non ho ancora ben capito di quali persone parli), portano sullo schermo del cinema Rosebud Lei disse sì , simpatico e innovativo docu-film ideato da due ragazze innamorate che decidono di sposarsi. Tra di loro.

Dove sta l'innovazione?
 Nel matrimonio omosessuale, sarà il pensiero di molti.
No. Affatto.
 Di unioni omosessuali, più o meno ufficiali ne siamo consapevoli un po' tutti; l'innovazione, per questo arretrato Paese, sta nel fatto di MOSTRARE, ESPORRE al pubblico, ai propri vicini di casa, alle persone che da anni incontriamo ogni giorno per strada e salutiamo, con cui scambiamo chiacchiere, a cui chiediamo due uova per una torta o la farina per la pizza, a cui magari teniamo pure il bambino per due ore, che le persone sono UGUALI, che l'amore tra persone è sano sempre, che non nasconde retroscena torbidi, che la pazza vita gay si consuma spesso su un divano il sabato sera a guardare film e mangiare pizza, che a Natale l'albero ha le stesse decorazioni degli altri e a Pasqua si mangia la colomba, che la domenica se c'è bel tempo si fa una gita fuori porta e che sotto le coperte, quando fa freddo, ci si scalda i piedi un* con l'altr* e ci si racconta la propria giornata, che la mattina ci piace l'odore del caffè in giro per casa e che la voglia di diventare genitori non è una malsana voglia di sfida verso il mondo, ma il naturale desiderio di tanti esseri umani adulti di voler crescere dei figli, di aiutarli coi compiti, di consolarli durante le prime sconfitte della vita, di avere una famiglia da poter chiamare tale.

Perchè deve esserci a tutti i costi un fine malsano dietro questi desideri?

Ingrid e Lorenza raccontano la loro normalissima storia, questo è l'attivismo quotidiano che credo sia più efficace di qualsiasi altro: uscire dal ghetto, mostrare che la vita è la stessa per tutti, che non si vuole calpestare nessuno, ma si vuole camminare tutti insieme, fianco a fianco, per contribuire a creare una società sana, promotrice di diritti uguali per tutti, che l'amore omosessuale non nasconde bestialità, non è diseducativo, non è il demonio e non è una malattia.

Lo scopo di questo docu-film è quello di ridimensionare tutto, di spostare i riflettori puntati ormai da troppo tempo sull'obiettivo sbagliato. L'omosessualità non è un freak show, non è qualcosa per cui girarsi per strada a spiare mani strette le une nelle altre fin dove lo sguardo si perde, non è qualcosa da sussurrare con vergogna e scherno nelle orecchie altrui, è una condizione come un'altra, è naturale, è biologica non è fanatismo, non si contrappone a niente.

Smettiamo di parlarne e viviamola semplicemente. Aiutiamo la gente a capire che siamo tutti sulla stessa barca nello stesso mare.


Grazie ragazze!

venerdì 25 luglio 2014

Storie vere inventate



Scoprire che l’autobiografia che ti ha tenuto incollata alle pagine giorno e notte e mattina presto è una bufala, non è piacevole. Non posso dire che non lo sia mai, perché probabilmente c’è chi, soprattutto dopo una storia forte e drammatica, tira un sospiro di sollievo nel saperla fasulla.
E’ già la seconda volta che ci casco in poco tempo e non lo trovo divertente.
Se cerco la fantasia, opterò per un romanzo, ma se cerco un’esperienza vera, mi aspetto sia tale, tanto più se è presentata come autentica e la trovo in bella mostra sullo scaffale delle storie vere. Se decido di recarmi in una certa sezione, mi aspetto di trovarci quello che cerco.
L’idea di me che cammino tra gli scaffali in libreria e, con fare inquisitorio, cerco di smascherare i libri menzogneri passando al setaccio la rete, per ogni titolo interessante che trovo, mi sembra non solo patetica, ma anche estremamente faticosa.
La libreria va vissuta senza tecnologia, bisogna entrarci coi sensi all’erta, dedicare ad ognuno il giusto tempo, deliziare l’odorato col profumo della carta, scorrere gli occhi sulle combinazioni multicolori delle copertine, toccarne la consistenza e, soprattutto, assecondare quella calamita che te ne fa preferire una piuttosto che un’altra e ti fa allungare la mano, bramosa, verso lo scaffale ligneo; potrebbe essere l’inizio di un nuovo episodio nel romanzo della nostra vita.
Qualche abbellimento, qualche licenza poetica ci sta, ma se c’è una cosa che non perdono agli scrittori, è mentire ai propri lettori.
Un libro diventa una finestra sulla vita di qualcuno a cui ci si può affezionare e a cui, indiscutibilmente, si dedica tempo della nostra.
Ci sono storie che, comunque, sanno insegnarci qualcosa indipendentemente dalla loro autenticità, quello che mi disturba è solo la presa in giro, il marketing che tira i fili e che consiglia di abbracciare una fetta più ampia di lettori, illudendoli che l’esperienza sia autentica.
Un milione di piccoli pezzi di James Frey, un libro ben scritto e che mi ha commossa, ma che, in questo momento, alle 7.40 di un mattino delle mie ferie, mi ha anche fatto incazzare.
Non si fa.

sabato 12 luglio 2014

Sulla cresta dell'Onda Pride

Il 28 Giugno di quest'anno ho partecipato al mio primo gay pride.
Ho 34 anni e la scoperta di me stessa ha festeggiato, pochi mesi orsono, i 20 anni.
Che ho fatto fino ad ora?!
Non sono mai stata orgogliosa di essere quello che sono, perchè non lo ritengo niente di più di qualsiasi altro modo di esistere, di sentire, di vivere, di affrontare i giorni che passano uno dopo l'altro.
Ho semplicemente adattato le mie abitudini, al mio divenire quotidiano.
Ho avuto la fortuna di vivere la mia omosessualità senza contrasti col mondo esterno, dalla famiglia agli amici, non ho mai incontrato ostacoli, muri, incomprensione, violenza, scherno; al contrario, ho avuto un percorso tutto in discesa.
Oggi capisco che mi è sempre andata bene anche se, per fortuna, al mondo c'è già tanta gente pronta a vivere senza drammi il modo di essere dei propri compagni di strada.

Ma sappiamo bene che queste oasi di tranquillità, sono ancora troppo poche e che in generale c'è un mare di cose che non vanno o,per meglio dire, non esistono.

Oggi lo capisco, oggi lo vedo e lo vivo in prima persona.

Tra pochi mesi si compiranno i miei primi sei anni di vita con Sara; un tempo che, una volta, avrei definito biblico, ora mi sembra una briciolina. Viviamo insieme da quasi tre anni e ogni giorno penso che le ore trascorse insieme sono troppo poche e ne vorrei almeno dieci in più.
Io, Sara e le nostre cagnoline, siamo una famiglia come tante altre e come tali viviamo.
Lavoro, spesa al supermercato, telefonate a mamma e papà, qualche domenica a pranzo dai genitori, qualche aperitivo, serate sul divano in infinite chiacchiere, o guardando un film; uno dei momenti che adoro è quando ci sediamo, ognuna con un libro, alle due estremità del divano e con un piede manteniamo il contatto.

Non capisco se i nostri vicini di casa ci abbiano inquadrate o no, ma nessuno, fin'ora, ha manifestato segni di fastidio, scherno o intolleranza; anche se, quando parlano all'una dell'altra, c'è chi dice "la tua amica", chi "tua sorella" ma senza troppa convinzione, anzi, mi è parso una sorta di delicatezza per non voler dire una cosa di cui non si è sicuri. Lo capisco, non mi dà fastidio, non mi offende, probabilmente è una prima volta anche per loro, per cui ci sono tutte le attenuanti del caso.

Questa nuova vita ha portato nuovi interessi, nuovi progetti e anche nuove preoccupazioni, più adulte, purtroppo o per fortuna.
La consapevolezza della nostra transitorietà, la paura di lasciare Sara da sola o di restare senza di lei, di non poterle lasciare qualcosa di nostro, di non poter decidere quando e come e dove diventare mamme, il dover chiedere un giorno di ferie, per accompagnarla al pronto soccorso, la mattina in cui un furgone l'ha tamponata sulla strada del lavoro, perchè la casistica non rientra in quella per il rilascio dei permessi famigliari, il non poter entrare in ambulatorio con lei. 
Essere nulla, davanti alla legge di uno Stato a cui ogni giorno paghiamo un salatissimo dazio, essere nulla e non poter beneficiare di diritti essenziali e basilari, tipici di un cosiddetto Paese civile... tutte queste cose sono state il motore che mi hanno fatto desiderare, quest'anno, di voler partecipare al BolognaPride, di voler mettere la faccia in pubblico per qualcosa che, sto capendo, essere indispensabile per noi, per chi verrà dopo e per chi ha già finito di essere, senza aver avuto opportunità di vivere liberamente la propria vita.

E' stata una giornata importante, per me, per noi e, spero, per tutti coloro che ci hanno camminato a fianco e con cui abbiamo condiviso quelle ore di speranza, quelle ore di finestra su un mondo che, troppo spesso, ha di noi una visione distorta e sbagliata.
Tante persone comuni ci guardavano, interessate, dai lati del corteo e non c'è stato segno di intolleranza, non fosse stato per un solitario uovo piovuto da un'anonima finestra, durante il corteo. Uovo che, col suo inutile sacrificio, ha soltanto schizzato la suola di qualche scarpa, rovinando ignorato sull'asfalto, tra i cori che cantavano le allegre canzoni proposte e i sorrisi e il giubilo e la felicità di esserci per una causa importante. 
Una causa che è per tutti, che è civiltà, che è apertura e non chiusura, che sarà un mattone importante nella costruzione del futuro dei nostri figli.

E' stato bello vedere tanti genitori che sfilavano coi loro bambini e sono certa che tra loro c'erano anche tante "famiglie tradizionali", che hanno consapevolmente deciso di diventare "famiglie arcobaleno", perchè l'arcobaleno ce l'hanno nel cuore e nella testa, perchè la varietà è davvero il bello del mondo.

E' stata una giornata che mi ha lasciato dentro una bella sensazione, che mi ha dato speranza e determinazione nuove. 

Per me è stato un inizio, tardivo, ma trionfante, perchè so finalmente di cosa sto parlando, so cosa manca e so che posso fare qualcosa per dare una mano. 

Manteniamola viva quest'Onda, ogni giorno sia un giorno in cui, nel nostro piccolo, rendiamo la nostra vita utile anche a questa causa, dimostrando che è una vita come tutte le altre e, per questo, degna di godere degli stessi, semplici, civili, diritti.




Standoff Between Israel and the West Bank - Patrick Chappatte


venerdì 11 luglio 2014

Novantotto a uno

Ultimo giorno di una breve vacanza e, tra gli altri, il privilegio di fare colazione con calma insieme alla mia nonna, chiacchierando vagamente dei sogni della notte.
Accendo RaiNews24, per farmi andare di traverso il té e dare un sapore acido alla marmellata: la prima scritta in sovraimpressione è una conta di morti.
Da Gaza se ne sono andate altre 98 persone e i feriti sfiorano le 700 unità.
Il servizio mostra come i raid colpiscano alla cieca e riporta la frase di un portavoce statale che, probabilmente con falso imbarazzo, spiega che è inevitabile che i civili ci finiscano in mezzo, perchè Hamas ha nascosto gli ARSENALI di razzi nei centri più densamente popolati.
La striscia di Gaza, coi suoi 360 km quadrati e il suo oltre milione e mezzo di abitanti, è di per sé un centro densamente popolato, un recinto a cielo aperto da cui si entra e si esce solo se Israele dice che si può fare; una bella striscia di terra che confina con un mare dentro cui un palestinese non può neanche bagnarsi i piedi per sentire se l'acqua è fredda, pena fuoco israeliano che lo invita a tornare sui suoi passi.
La città di Roma ha una superficie più estesa di oltre tre volte, giusto per dare un'idea delle dimensioni.

Cambiamo canale, nonna non ama queste notizie a raffica ma un più classico e vomitevole UnoMattinaEstate, come se si sentisse la mancanza di quello invernale.
Ecco il collegamento nientepopodimenoche da Gerusalemme, da un'inviata del Tg1... allora cara dicci com'è la situazione...?
La giornalista, ripresa in primo piano, su una collina a notevole distanza da un centro abitato, ha gli occhi costretti in una mimica alla Roky Balboa, spioventi di dispiacere e parzialmente sbarrati di paura, mi chiedo per quanto riuscirà a mantenere quella scomoda posizione.
L'unica notizia che fornisce è di un razzo palestinese che ha centrato in pieno un distributore di benzina (complimenti per il culo), da cui si continuano ad alzare alte volute di fumo nero anche in questo momento, a causa del quale c'è stato 1 ferito, che sembra versi in condizioni gravi.
Fine del collegamento.
Mannaggia questi razzi che diventano sempre più insidiosi... a 3 feriti si mobiliterà anche la NATO.
Anche questa volta, immagino, il bilancio non cambierà, perciò ritengo di poter utilizzare questo grafico per dare un'idea di com'è andata e di come continuerà ad andare.
Vorrei tanto essere smentita.

In bocca al lupo a tutti i feriti, di qua e di là.

giovedì 10 luglio 2014

30 anni dopo Mohammed

Ho il privilegio di guardare un mare bellissimo, di un blu ipnotico, con qualche lieve increspatura bianca in lontananza.
Oggi il cielo è sereno, soffia una brezza gentile e qualche nuvoletta si muove veloce sopra di me.
Sono fortunata, non ho particolari problemi, solo qualche normale pensiero che attraversa una vita tranquilla.
Ho 30 anni in più di Mohammed Khalaf al-Nawasra, che probabilmente il mare non l'ha mai visto e sicuramente non lo vedrà mai più.
Non vedrà più la sua mamma e neanche il suo papà.
Non saprà mai, il piccolo Mohammed, perchè ieri è morto e tantomeno lo capirà.
La sua morte servirà a qualcosa?
Dopo di lui se ne sono andate altre 14 anime, sempre lì, semprè per mano della stessa, lucida, spietata, follia.
Terra bramata e insanguinata, sei ancora tu nei pensieri di chi, su di te e per te, miete sogni e speranze di generazioni intere?
O sei, ormai, un pretesto?
30 anni dopo Mohammed Khalaf al-Nawasra forse ci sarò ancora e spero di potergli raccontare che la sua morte è servita a costruire una casa vera per chi, ogni giorno, affondava i piedi nel fango, per chi si riuniva a cena sotto tetti di eternit e vecchi copertoni d'auto, per chi ogni giorno vedeva il sole coperto da un muro di cemento e la terra coltivata, violata dai bulldozer.
30 anni dopo  Mohammed Khalaf al-Nawasra forse ci saranno vicini di casa che andranno a pregare in posti diversi, ma siederanno negli stessi banchi di scuola e tireranno calci allo stesso pallone; ci saranno mamme che si scambiano le ricette e papà che si aiutano a montare un mobile in salotto; ci saranno tavole apparecchiate nei cortili, all'ombra degli alberi e le risate dei ragazzi che si scambiano battute sulle panchine dei parchi, insieme, senza scherno, senza odio.
Su una terra grande per tutti.
30 anni dopo Mohammed Khalaf al-Nawasra forse anche noi avremo preso coscienza che la "questione Palestinese" era in realtà la questione di tutti; che il sangue assorbito dalla terra, arriva dritto fin sotto i nostri piedi, fin sotto i nostri tetti sicuri, fin dentro le nostre televisioni sature di spazzatura e indifferenza.
Spero non ci metteremo altri 30 anni a capire che la differenza può farla anche il nostro interesse, che anche noi, uniti, abbiamo un potere grande, anche se troppo spesso lo usiamo per futilità transitorie.
Fra 30 anni Mohammed ci chiederà cosa abbiamo fatto della sua vita rubata.
Cosa gli risponderemo?



Mohammed Khalaf al-NawasraMoham
Mohammed Khalaf al-Nawasra
Mohammed Khalaf al-Nawasra

martedì 4 marzo 2014

Libri, cani e aquiloni

Libri, cani e aquiloni.
Tre delle passioni che accompagnano i miei giorni, assieme alla mia ragazza, ai tatuaggi, al profumo dell'aria fresca, al suono delle risate e al bel silenzio di certi momenti.
Libri, cani e aquiloni, tre punti fermi, tre certezze, tre ancore di salvezza quando il pensiero va distolto dai punti morti che rischiano di farti impazzire.
Libri, cani e aquiloni, tre momenti di amore ed evasione. Di quell'evasione pulita, che non ti fa perdere il controllo e non ti riempie di rughe; tre momenti belli, che rimettono in moto l'amore anche nel resto degli ingranaggi inceppati.
Libri, cani e aquiloni.
Oggi piove, ma una bella passeggiata nei campi, noi la facciamo lo stesso.
Si può leggere più tardi.