domenica 21 giugno 2015

Amare. Punto.



Sono nata 35 anni fa in una famiglia composta di 5 persone: padre, madre, io, mio fratello e mia sorella.
In casa non si sono MAI e dico MAI fatti discorsi discriminatori riguardo a minoranze d’ogni sorta, eccezion fatta per quelle dedite a crimini aberranti universalmente riconosciuti.
L’amore per lo stesso sesso non è mai stato nominato, né negativamente né positivamente, come non è mai stato nominato né promosso quello eterosessuale, semplicemente perché non c’era nulla da dire.
Sono figlia di un matrimonio felice, figlia di due genitori che si sono sempre scambiati affetto davanti a noi e lo fanno tutt’oggi che, fortunatamente, vivono il loro 36° anno insieme da sposati (da non sposati ne contano qualcuno in più).
Ho fatto il catechismo e preso tutti i sacramenti, perché negli anni ’80 in Italia era anche abitudine farlo e ricordo distintamente l’unica bambina della mia classe i cui genitori erano di un’altra religione, guardata come un’appestata, perché incomprensibilmente lontana da un qualcosa che si DOVEVA fare.
 Capisco la scelta dei miei genitori di anteporre la mia infantile felicità nel poter seguire le tappe “normali” delle mie amichette, lasciandomi percorrere quel sentiero battuto da generazioni di pseudo cattolici e sedicenti cristiani. 
Capisco la loro reticenza e il loro dubbio su cosa sarebbe stato più giusto per me, per non farmi sentire troppo sola.
 Non li giudico male per aver scelto così.
  Non c’è il manuale del perfetto genitore, nessuno sa come andrà, e trovo lodevole il tentativo fatto sperando che sia il meglio.
Del catechismo ho bei ricordi ma anche brutti, i brutti per fortuna non riguardano le spesso menzionate violenze fisiche, ma atteggiamenti discriminatori verso tutto quel diverso che, seppur parte integrante dell’unità che eravamo portati a imparare, veniva allontanato come MALE senza tante spiegazioni. 
Così bene , così male. 
La diversità era un male, non era un colore in più che dava varietà al cosiddetto BENE. Non c’era cromìa oltre al bianco e al nero. Un arcobaleno tristissimo.
E poi quei passi, sempre quelli, letti e riletti e io che mi chiedevo possibile che in fin dei conti la Bibbia sia costata così tanta fatica per raccontare così pochi episodi e soprattutto così inverosimili. Inverosimili non tanto per la grandiosità degli eventi, ma per la discordanza tra essi e la pratica che al catechismo ci veniva inculcata, ama chi ti dico io in questo modo e gli altri in un altro modo. Eppure sono quasi certa di ricordare che Gesù dicesse AMA. Punto.
In casa mia, si è sempre amato. Punto. Meno male! Ripunto!
Questo continuo bene/male della società mi destabilizzò così tanto che, quando fu il momento di parlare a me stessa e chiarire chi e cosa mi piacesse, fui presa da una disperazione tale, da un volermi conformare a tutti i costi a questi canoni che per poco non persi il senno. Per fortuna riuscii a fidarmi della mia FAMIGLIA e del loro amore incondizionato per me e per tutto quello che portavo nel cuore.
Per fortuna ho avuto questa famiglia, la quale vorrei contribuire a continuare, per un semplice e sano e normalissimo desiderio umano di procreazione e senso di accudire e amare la prole, quel senso che snaturializziamo tentando di spiegarlo in mille parole, che gli animali risolvono con uno sguardo languido e una leccatina.
Perché volete dei figli? Perché siete marito e moglie? No, perché sentite di VOLERE creare una famiglia, perché avete una naturale propensione alla procreazione e alla cura dei vostri piccoli, perché perché perché siamo esseri umani e sappiamo amare e capire e se non continueremo a capire, fomenteremo solo odio e disprezzo e sentimenti negativi e ci autodistruggeremo.
Amare  non è male. 
Amare un’altra persona consenziente che ti ama a sua volta, è uguale per tutti.
E’ guardarla la mattina appena sveglia e fare piano per non rubarle gli ultimi dieci minuti prima della sveglia, preparare il caffè e tornare a chiamarla con un bacino, è sperare che abbia una buona giornata al lavoro, pensare già a cosa fare per cena, scoprire che danno quel film che volevate vedere proprio nel cinema che vi piace, non vedere l’ora di rivederla per stare insieme la sera sul divano, emozionarsi ogni volta che vedete un cuore disegnato su un muro, sorridere da soli per niente, e invece è tutto.
Ci amiamo tutti così, siamo esseri umani. 
Cosa c’è che non va? 
Cosa c’è di sbagliato se insegno a mio figlio a rispettare tutti e a vivere come si sente, nel rispetto della vita altrui?
Il rispetto della vita vuol dire rispettare il vivere e non agognare il morire, rispettare chi rispetta la vita e non tifare per chi rispetta solo la morte e la violenza.
Questo vorrei per i miei figli.
 Questo spero per tutti i figli, in qualsiasi famiglia essi nascano e crescano.
Che si insegni loro la filosofia dell’amore, quell’amore puro che qualcuno cercò di insegnare e che troppo spesso viene strumentalizzato e rinchiuso a piacimento in questo o quel disegno.

Se non impareremo ad amarci, saremo destinati al fallimento.