Scoprire che l’autobiografia che ti ha tenuto incollata alle
pagine giorno e notte e mattina presto è una bufala, non è piacevole. Non posso
dire che non lo sia mai, perché probabilmente c’è chi, soprattutto dopo una
storia forte e drammatica, tira un sospiro di sollievo nel saperla fasulla.
E’ già la seconda volta che ci casco in poco tempo e non lo
trovo divertente.
Se cerco la fantasia, opterò per un romanzo, ma se cerco un’esperienza
vera, mi aspetto sia tale, tanto più se è presentata come autentica e la trovo
in bella mostra sullo scaffale delle storie vere. Se decido di recarmi in una
certa sezione, mi aspetto di trovarci quello che cerco.
L’idea di me che cammino tra gli scaffali in libreria e, con
fare inquisitorio, cerco di smascherare i libri menzogneri passando al setaccio
la rete, per ogni titolo interessante che trovo, mi sembra non solo patetica,
ma anche estremamente faticosa.
La libreria va vissuta senza tecnologia, bisogna entrarci
coi sensi all’erta, dedicare ad ognuno il giusto tempo, deliziare l’odorato col
profumo della carta, scorrere gli occhi sulle combinazioni multicolori delle
copertine, toccarne la consistenza e, soprattutto, assecondare quella calamita
che te ne fa preferire una piuttosto che un’altra e ti fa allungare la mano,
bramosa, verso lo scaffale ligneo; potrebbe essere l’inizio di un nuovo
episodio nel romanzo della nostra vita.
Qualche abbellimento, qualche licenza poetica ci sta, ma se
c’è una cosa che non perdono agli scrittori, è mentire ai propri lettori.
Un libro diventa una finestra sulla vita di qualcuno a cui
ci si può affezionare e a cui, indiscutibilmente, si dedica tempo della nostra.
Ci sono storie che, comunque, sanno insegnarci qualcosa
indipendentemente dalla loro autenticità, quello che mi disturba è solo la
presa in giro, il marketing che tira i fili e che consiglia di abbracciare una
fetta più ampia di lettori, illudendoli che l’esperienza sia autentica.
Un milione di piccoli pezzi di James Frey, un libro ben
scritto e che mi ha commossa, ma che, in questo momento, alle 7.40 di un
mattino delle mie ferie, mi ha anche fatto incazzare.
Non si fa.
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