martedì 3 febbraio 2015

Conoscere la Storia, non fa ridere

Questa mattina del 3 Febbraio 2015, si è svolta la commemorazione dei quattro giovani partigiani uccisi per rappresaglia all’angolo tra via Porta Brennone e corso G. Garibaldi, qui a Reggio Emilia, una fredda mattina di 70 anni fa.
E’ una pagina di storia poco conosciuta, come tante altre che non balzano al clamore delle cronache per vari motivi, spesso legati al numero delle vittime, in questo caso “soltanto” quattro.
E’ una pagina di storia poco conosciuta anche perché a troppa gente la storia altrui interessa ben poco, lo raccontano le cronache, lo vediamo giorno dopo giorno, ne siamo noi stessi attori e vittime.
Questa mattina, come ogni anno, il Comune di Reggio Emilia ha organizzato una commemorazione che ha raccolto attorno a sé un esiguo, ma interessato, gruppo di partecipanti e che è terminata con la deposizione di una corona sulla lapide commemorativa ivi presente.
 Lapide che, sono certa, pochi cittadini abbiano mai scorso al di sopra dei loro nasi, poiché collocata a diversi metri da terra.  
Quei quattro ragazzi, il più grande dei quali aveva 28 anni, subirono torture lunghe, atroci, infernali, lontane anni luce dall’odierna concezione di “punizione”, ormai e per fortuna relegata all’ambito delle marachelle infantili.
Stamani, un gruppo di giovani uomini, un po’ più grandi dei quattro partigiani uccisi, ha assistito allo “spettacolo” consumando caffè e sigarette nel bar di fronte, nella sacrosanta pausa lavoro ed ha avuto, come ogni altra persona presente in quel momento, l’opportunità di ascoltare il racconto della tragica vicenda, narrata con giusta dovizia di particolari, la cui lettura è stata messa in risalto dall’utilizzo di microfono ed altoparlante.
Al termine dell’atroce racconto, giunti al momento della deposizione della corona sulla lapide, uno di questi giovani uomini d’oggi, con sorriso beffardo, si è lasciato sfuggire una frase eloquente, un “pure una corona!” con tanto di scossa del capo.
Avrei voluto domandare a questo uomo, a questo ragazzo, perché oggi si dice ragazzi anche a chi ha già passato i 40, quale parte di tutta la cerimonia l’avesse rallegrato al punto da pronunciare, evidentemente divertito e al contempo contrariato, questa frase a voce alta e col sorriso; cosa avesse capito di tutta la faccenda; con chi se la fosse presa; col solito dannato Comune che SPRECA i NOSTRI SOLDI con una stupida e vuota corona commemorativa?
 Non capita di rado di vedere e udire frasi o atteggiamenti di scherno gratuiti, quando si incontrano uniformi, fasce tricolori e, in genere, simboli governativi.
Stamani erano presenti quattro Gonfaloni, relativi uomini della Polizia Municipale e Provinciale intenti a reggere gli stessi e qualche rappresentante dell’Ente, con fascia tricolore indosso. 
Forse questo gruppo di “simboli del potere” ha disturbato la pausa lavoro di questo signore infastidendolo al punto da schernire il gesto finale?
Siamo troppo istruiti oggi, da abili pennivendoli di regime, ad odiare le istituzioni tutte, a non interessarci, a scagliare la pietra in quel mucchio in cui tutti sono colpevoli e meritevoli del nostro sdegno. Riempiamo pagine e pagine di social network di offese e ingiurie, di malcontento e maledizioni, e ci sentiamo, così, legittimamente partecipi della Cosa pubblica.
Beh, non è proprio così che si partecipa. 
A mio modesto parere. 
Se vittime siamo, lo siamo prima di tutto della nostra noncuranza verso quelle istituzioni che lasciamo libere di agire, di fare e disfare.
Quando incontriamo una qualsiasi divisa, fosse anche quella della banda del paese, ecco che ci sentiamo finalmente in diritto di vomitare tutto il nostro sdegno, tutte le nostre frustrazioni, tutto quello che ci angustia e che speriamo sia la madre Patria a sanare.
Questo si è evinto dall’infelice commento del giovane uomo di stamani. Un commento tristemente fuori luogo, un commento figlio di ignoranza e pressapochismo.
Caro signore, proprio stamani, il nostro Comune stava facendo una cosa giusta. Stava ricordando quattro ragazzini morti per tutti noi. Morti sperando che crescessimo e vivessimo diversamente da loro.
Avrei voluto spiegargli che anche grazie al sacrificio di questi ragazzi, che non hanno neanche lontanamente raggiunto la sua età, ogni giorno persone come me e come lui, possono permettersi la libertà di uscire di casa sorridenti, di camminare per le strade a testa alta, di godersi una pausa caffè, di fare tutte le cose che facciamo quotidianamente e che diamo per scontate, fosse anche un lavoro poco soddisfacente e faticoso. Sicuramente non è un lavoro forzato eseguito con la punta del fucile puntata alla schiena.
Se stai leggendo, gentile ragazzo che ti sei sentito probabilmente derubato dei TUOI SOLDI, sappi che questa corona sono felice d’averla pagata anche coi MIEI, perché se oggi ho l’opportunità di vivere come vivo, e ti garantisco che non sto scrivendo da Beverly Hills, lo devo anche a questi ragazzini che si sono immolati e questi soldi spesi per una corona, sono una briciola se paragonati al loro e a tutti gli altri sacrifici che ci hanno portato alla liberazione dalla guerra.

Spero che il Comune di Reggio Emilia continui a ricordarci il sacrificio di questi concittadini oggi e per altri decenni a venire.


Nessun commento:

Posta un commento